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PERSONALE E ORGANIZZAZIONE
31/05/2007

Legittima gran parte della manovra finanziaria 2006 sul personale

A cura di Arturo Bianco (Fonte: www.comune.roma.it)

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 196 del 17 maggio 2007, ha stabilito che la gran parte della manovra contenuta nella legge finanziaria 2006, commi da 198 a 206 dell'articolo unico, in tema di personale delle regioni e degli enti locali è da considerare legittima. Tale pronuncia discende dal riconoscimento dell'effettivo carattere di norma di principio dettata per il contenimento della spesa pubblica e per il rispetto dei vincoli posti dal patto di stabilità. Ricordiamo che in questo senso la norma si pronuncia espressamente e che la sentenza legittima questo assunto. In tale ambito la disposizione di legge non è lesiva della autonomia delle singole amministrazioni ovvero la lesione che per molti versi essa produce ne costituisce un effetto inevitabile e sostanzialmente obbligato.

La decisione riprende in buona parte i principi dettati dalla giurisprudenza della Consulta dopo l'entrata in vigore della riforma del titolo V della Costituzione. Viene dichiarata, sempre in applicazione di tali principi, la illegittimità costituzionale del comma 202 della legge finanziaria 2006, il comma che stabilisce che i risparmi derivanti dalla applicazione di alcune delle disposizioni dettate dalla legge finanziaria 2005 debbano essere destinati al finanziamento dei rinnovi contrattuali: questa regola è lesiva della autonomia delle singole amministrazioni in quanto disciplina aspetti minuti e particolari e travalica la finalità di contenimento della spesa pubblica, cioè la finalità che legittima la competenza legislativa statale.

La sentenza è stata pronunciata su ricorso di un ampio, e di vario segno politico, numero di regioni e province autonome: ben 6 a statuto ordinario e 4 tra regioni a statuto speciale e province autonome. Infatti i ricorsi sono stati presentati da: Toscana, Veneto, Piemonte, Campania, Liguria ed Emilia-Romagna, nonché da Valle d'Aosta, Sicilia, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e dalle provincie autonome di Bolzano e Trento.

LE NORME DI PRINCIPIO

Si richiama innanzitutto la consolidata giurisprudenza della Consulta. "Perché norme statali che fissano limiti alla spesa delle Regioni e degli enti locali possano qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, è necessario che esse soddisfino i seguenti requisiti: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi anche nel senso di un transitorio contenimento complessivo, sebbene non generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi". In altri termini, occorre che le norme rimangano sul terreno proprio della esigenza di contenimento della spesa pubblica e non violino l'autonomia decisionale delle singole amministrazioni.

Non occorre necessariamente che le disposizioni di legge siano dettate per l'insieme della spesa o della spesa corrente. E' sufficiente che la scelta di limitazione abbia, per la voce alla quale è diretta, "rilevanza strategica ai fini dell'attuazione del patto di stabilità interno" ed ancora che tale scelta sia effettuata con riferimento non ad "una minuta voce di spesa", ma che abbia come oggetto un "rilevante aggregato della spesa di parte corrente, nel quale confluisce il complesso degli oneri relativi al personale". Per cui è legittima la scelta di dettare misure di contenimento della spesa per il personale.

Tanto più se questa scelta, come nel caso oggetto della disposizione dettata dal comma 198 della legge finanziaria 2006, comprenda non solo la spesa per i dipendenti a tempo indeterminato, ma essa comprenda anche gli oneri per il personale "a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzione". Siamo, come si vede con tutta evidenza, dinanzi ad un ulteriore ampliamento dell'ambito oggetto della scelta di limitazione, senza peraltro che vengano indicate delle modalità attraverso le quali raggiungere questo obiettivo riferite in modo analitico alle singole voci.

Anche il requisito della durata limitata delle disposizioni di limitazione della spesa è rispettato: "il carattere della transitorietà del contenimento complessivo, richiesto dalla citata giurisprudenza di questa Corte, risulta poi dal fatto che detto contenimento è destinato ad operare per un periodo determinato (triennio 2006-2008), periodo successivamente ridotto al solo anno 2006, in forza dell'art. 1, comma 557, della legge n. 296 del 2006".

LA AUTONOMIA APPLICATIVA

Non di meno viene soddisfatto l'ulteriore requisito posto in modo consolidato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, cioè la non limitazione della autonomia delle singole amministrazioni attraverso la imposizione di comportamenti e/o di divieti analitici. Infatti la legge finanziaria 2006 "non prescrive ai suoi destinatari alcuna modalità per il conseguimento dell'obiettivo di contenimento della spesa per il personale, ma lascia libere le regioni di individuare le misure a tal fine necessarie. Essa ha, pertanto, un contenuto diverso da quello delle disposizioni di precedenti leggi finanziarie dichiarate illegittime da questa Corte... A differenza del comma 198, dette disposizioni stabilivano, infatti, limiti puntuali a specifiche voci di spesa quali quelle per viaggi aerei (sentenza n. 449 del 2005), per assunzioni a tempo indeterminato (sentenze n. 88 del 2006 e n. 390 del 2004), per studi e incarichi di consulenza, missioni all'estero, rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni, acquisti di beni e servizi (sentenza n. 417 del 2005)".

Ovviamente, le misure di limitazione della spesa per il personale sono destinate a produrre un effetto di limitazione della autonomia delle singole amministrazioni nella scelta dei propri modelli organizzativi. Ma questa è una conseguenza inevitabile ed infatti, nel giudizio della Consulta, non "rileva in contrario che la disposizione denunciata possa avere influenza sull'organizzazione degli uffici regionali e degli enti da essi dipendenti, risolvendosi detta influenza in una mera circostanza di fatto, come tale non incidente sul piano della legittimità costituzionale".

Proprio in base a queste considerazioni la Corte Costituzionale dichiara la illegittimità del comma 202 della stessa legge finanziaria, cioè della disposizione in base alla quale una parte analiticamente indicata dei risparmi derivanti in tema di spesa per la gestione del personale per effetto della legge finanziaria 2005, legge n. 311/2004, deve essere destinata obbligatoriamente al finanziamento dei maggiori oneri derivanti dal rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Questa norma infatti "impone una puntuale modalità di utilizzo di risorse proprie delle Regioni, così da risolversi in una specifica prescrizione di destinazione di dette risorse. Va, pertanto, dichiarata la illegittimità costituzionale del censurato comma 202, perché esso, non ponendo un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, esula dalla competenza legislativa riservata allo Stato dall'art. 117, terzo comma, Costituzione e lede l'autonomia finanziaria garantita alle Regioni dall'art. 119".

Le altre disposizioni dettate nei commi successivi e che riguardano la spesa per il personale delle regioni e degli enti locali sono invece giudicate dalla Corte Costituzionale come una integrazione, una modalità di controllo, una forma di attuazione ed un completamento del comma 198 e, pertanto, sono da giudicare costituzionalmente legittime.

LE ALTRE CENSURE RIGETTATE

La sentenza ha rigettato le altre censure proposte dal ricorso delle regioni. In primo luogo, la critica della irragionevolezza, motivata dalle conseguenze negative che ne derivano per le singole amministrazioni: "proprio l'accertata natura di principio fondamentale della norma censurata consente alle regioni di provvedere esse stesse, in piena autonomia, a differenziare le misure necessarie al raggiungimento dell'indicato obiettivo, tenendo conto delle diverse esigenze dei vari settori dell'amministrazione regionale. Il suddetto comma 198 è immune, pertanto, dal denunciato vizio di irragionevolezza".

Ed ancora la scelta di limitare la assunzione del punto di riferimento solo alla spesa dell'anno 2004, senza assumere un arco triennale e perciò considerata come una scelta avente un elevato grado di arbitrarietà: "non è irragionevole che il legislatore del 2005, nella sua discrezionalità, abbia assunto a riferimento i dati relativi alla spesa dell'anno 2004, sul presupposto che tale anno è quello più prossimo al triennio oggetto della nuova regolamentazione".

Sono state anche rigettate le motivazioni con cui le regioni a statuto speciale e le province autonome hanno sostenuto i ricorsi in considerazione della loro condizione specifica. Tali ricorsi si basavano sulla considerazione che il comma 198 ed i seguenti sono direttamente applicabili anche in queste realtà. Tale assunto è invece espressamente negato dalla sentenza della Corte Costituzionale. La applicazione di queste disposizioni agli enti locali delle regioni a statuto speciale non è immediata, "derivando il limite di spesa per gli enti ad autonomia speciale dagli accordi di cui al comma 148 e non dalla diretta applicazione del comma 198". Ricordiamo che il comma 148 prevede che si raggiunga uno specifico accordo tra lo Stato e le singole regioni a statuto speciale e/o province autonome. Per queste ragioni, nel giudizio della Consulta "la denunciata antinomia fra le due norme non sussiste".

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