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AMMINISTRAZIONE
04/05/2007

La responsabilità nelle spese legali

A cura di ARTURO BIANCO (Fonte: www.comune.roma.it)

Non costituiscono di per sé danno erariale le spese che le amministrazioni locali sostengono per la partecipazione a quei giudizi che si concludono con la loro condanna. E' questo il principio stabilito dalla sezione giurisdizionale regionale per il Veneto della Corte dei Conti con la sentenza 12 febbraio 2007. Perché si possa parlare di responsabilità amministrativa o contabile occorre infatti che vi sia uno specifico nesso di causalità tra la condotta dell'ente e gli esiti negativi del contenzioso giudiziario, cioè che si possa parlare al momento della sua instaurazione di una lite temeraria ovvero che il comportamento dell'ente sia caratterizzato da un elevato grado di avventatezza.

Il caso specifico al centro della pronuncia della magistratura contabile ha avuto come oggetto la costituzione in giudizio di una amministrazione locale nel contenzioso con un proprio dipendente insorto a seguito del ricorso presentato dallo stesso contro un procedimento disciplinare adottato dall'ente. Il giudizio condotto dinanzi alla magistratura del lavoro ha visto soccombere la amministrazione a seguito di pretesi e non dimostrati concretamente comportamenti omissivi della stessa, e cioè la estinzione del procedimento disciplinare oggetto del ricorso, comportamenti comunque successivi alla deliberazione con cui la stessa ha stabilito la costituzione in giudizio ed ha conferito mandato ad un legale per la assistenza.

La mancanza del nesso di causalità è dimostrata, nel caso specifico, proprio dalla successione temporale: la volontà di costituzione in giudizio dell'ente ed il relativo provvedimento sono infatti "antecedenti al verificarsi degli ipotizzati inadempimenti procedurali", cioè di quei comportamenti che hanno determinato la condanna dell'ente stesso. Per cui è da escludersi qualunque collegamento in termini di interdipendenza causale, elemento che invece è necessariamente alla base di una possibile condanna in sede di accertamento della responsabilità contabile e/o amministrativa, cioè del giudizio della Corte dei Conti.

LE SCELTE DISCREZIONALI

La scelta della costituzione in giudizio ed il correlato conferimento di un incarico di assistenza legale hanno un carattere ampiamente discrezionale. Pertanto, essa rientra nell'ambito delle valutazioni che sfuggono al sindacato della Corte dei Conti o, meglio, che sfuggono ad ogni valutazione di merito e di opportunità.

Riguardo alle scelte discrezionali, infatti, la valutazione viene effettuata in sede di giudizio di responsabilità esclusivamente con riferimento alla verifica delle motivazioni. Per provocare il giudizio di responsabilità esse devono essere contrarie alle leggi ovvero si devono rilevare come "gravemente illogiche, arbitrarie, irrazionali o contraddittorie".

In altri termini, il giudice contabile, al pari di quello amministrativo, deve limitarsi ad un controllo di tipo formale sul contenuto delle motivazioni a partire dalla esistenza stessa della motivazione, condizione essenziale di legittimità di ogni atto amministrativo sulla base delle regole fissate dalla legge n. 241/1990. Ed ancora, tale controllo deve verificare in primo luogo la rispondenza della motivazione con le finalità previste dalla normativa ovvero quantomeno la sua non contrarietà. Ed inoltre deve rivolgersi alla verifica della coerenza delle stesse rispetto agli scopi che sono alla base della specifica attività amministrativa. Come si vede siamo dinanzi a scelte che non devono in alcun caso determinare una ingerenza nelle valutazioni di merito e di opportunità, ma si devono fermare alla verifica della mera presenza dei requisiti posti dalla normativa.

LE SPESE LEGALI

Nella verifica delle scelte relative al conferimento di incarichi legali occorre che la valutazione sia effettuata ex ante e non ex post. In altri termini, ci si deve riferire al momento in cui la scelta viene effettuata e non alla fase successiva, con particolare riferimento all'esito del procedimento. Per cui non si può parlare di responsabilità rispetto ad una semplice scelta di nomina del legale finalizzata alla difesa in giudizio dell'ente: il "giudizio di disutilità della spesa che ne è derivata non può essere rapportato ad un evento oggettivamente diverso ed assolutamente indipendente dalla resistenza in giudizio". Nel caso specifico a comportamenti omissivi successivi posti in essere da parte della stessa amministrazione, in particolare se effettuati da sue componenti diverse.

La valutazione deve essere inoltre riferita agli elementi che erano a disposizione della amministrazione nel momento in cui la scelta è stata effettuata, nonché agli elementi che essa, sulla base di un comportamento di ordinaria diligenza, avrebbe potuto o dovuto acquisire.

Occorre inoltre tenere presente che "una ragionevole soglia di rischio è implicita in ogni difesa legale", per cui la successiva eventuale soccombenza dell'ente non può di per sé determinare la condanna della amministrazione. In questi casi neppure la condanna dell'amministrazione nel giudizio costituisce di per sé un indice della responsabilità della amministrazione. A tale conclusione può pervenire solo nella ipotesi della cd "lite temeraria".

LA LITE TEMERARIA

E' assai utile la definizione che la Corte dei Conti del Veneto fornisce per individuare gli ambiti entro cui si può parlare di lite temeraria: questo requisito matura sulla base della "coscienza dell'infondatezza della domanda o del difetto della normale diligenza per l'acquisizione di detta coscienza". Sulla base di questi elementi si deve trarre la conclusione che essa "è da ritenere sussistente qualora per colpa, consistente nella mancanza di normale prudenza nel prevedere l'esito della lite, venga posta in essere una condotta processuale avventata e priva di giustificazione": Ovviamente a ciò si devono aggiungere i casi in cui vi sia una condotta effettivamente dolosa nella volontà di danneggiare l'amministrazione o di determinare un effetto di ritardo rispetto al riconoscimento da parte dell'ente dei diritti di altri soggetti.

Sulla base di queste considerazioni si arriva alla conclusione operativa che non è sufficiente per il maturare della lite temeraria la semplice "prevedibilità" dell'esito negativo della domanda. Occorre un "quid pluris", occorre cioè che vi sia una "condotta che, in relazione al caso concreto, sia qualificabile come imprudente, avventata o ingiustificata". Un comportamento cioè che dimostri la esistenza di una specifica volontà in questo senso. Deve essere considerato come tale la presenza del requisito del dolo. Ovvero si deve dimostrare una condotta gravemente colposa, nella quale cioè non si dia luogo all'uso di quel minimo di diligenza necessaria che nei comportamenti ordinari è presente, cioè la diligenza del "buon padre di famiglia", per ricorrere al linguaggio della dottrina tradizionale. In questo senso vanno le valutazioni relative alla consapevolezza "dell'infondatezza delle proprie tesi ovvero del carattere irrituale o fraudolento dei mezzi adoperati per agire o resistere in giudizio".

In sede di accertamento della responsabilità amministrativa deve pertanto accertarsi che la scelta di promuovere o resistere in giudizio, al momento in cui essa è stata effettuata, avesse o meno i requisiti della temerarietà, in particolare che in tale fase, valutazione cd ex ante, essa non avesse un carattere avventato, sempre tenendo fermo che un grado di aleatorietà è insito in ogni contenzioso.

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